Il sisma del 6 aprile 2009 ha arrecato notevoli danni alla chiesa:
La sua edificazione viene fatta risalire ai primissimi anni del XIV secolo, come testimonia anche la data (1308) incisa nell'architrave del portale principale, ma la chiesa è stata nel tempo sottoposta a numerosi restauri, soprattutto in seguito ad eventi tellurici tra cui è doveroso ricordare il distruttivo terremoto del 1703.
L'edificio è situato in pieno centro storico, nell'omonima piazza, in uno dei punti più elevati della città e circondata da edifici di pregio quali Palazzo Ardinghelli, Palazzo Carli Benedetti e le case natali di Buccio di Ranallo e Iacopo da Notar Nanni; è inoltre posto rialzato da terra.
La facciata principale, rivolta su Via Paganica, è caratterizzata da una balconata a due rampe laterali ed è una delle poche parti sopravvissute al terremoto del 1703: si presenta scandita orizzontalmente in tre parti, di cui le prime due rivestita con pietra calcarea mentre l'ultima è caratterizzata da pietrame faccia a vista. In asse con il portale sono un piccolo rosone ed una finestra quadrangolare.
Al lato della chiesa, alla destra della facciata principale, si staglia una possente torre campanaria che in precedenza aveva la funzione di avamposto militare; riadattata alle esigenze religiose, la torre è stata successivamente mozzata per ordine del Principe d'Orange nel 1529 e le sue pietre hanno contribuito alla costruzione del Forte spagnolo, poco distante. La chiesa è inoltre caratterizzata da imponenti contrafforti posti al lato della navata principale, aggiunti in seguito ai crolli del terremoto del 1703.
L'interno, settecentesco, presenta un’imponente navata con cappelle laterali realizzate tra il XV e il XVII secolo e modificate dopo il 1703. La zona presbiteriale, sopraelevata nel tardo settecento, è caratterizzata da un grande transetto cupolato e da un'abside semicircolare. Precedentemente al crollo del 2009 sul soffitto erano ammirabili alcuni dipinti ad opera di Carlo Patrignani.
Fonti storiografiche accreditate lasciano ipotizzare, con assoluta certezza, che la Santa Maria delle origini consisteva in un’unica grande aula, larga quanto l’attuale fronte, la cui copertura a capanna sorretta da incavallature lignee restava coperta al di sotto del coronamento orizzontale della superba facciata. La pianta dell’invaso presbiterale, organizzato secondo le linee di una nave trasversa rispetto alla longitudinale, trovava conclusione nel vano di base della possente torre campanaria di cui ancora oggi si svela la possanza sul Chiassetto del Campanaro, e per la quale si lascia ipotizzare uno sviluppo originale dell’elevato pari almeno al doppio dell’attuale. Concepita presumibilmente quale struttura d’avvistamento in ragione di una preesistenza difensiva antecedente l’edificazione della chiesa, detta Torre fu mozzata nel 1557 per scongiurare il pericolo di crollo contestualmente a ragioni di carattere funzionale legate al suo eccessivo sviluppo verticale di intralcio al tiro delle artiglierie dal Forte spagnolo.
L’impianto attuale, trasformato significativamente nei suoi caratteri dimensionali nel Settecento, traduce il tentativo di restituire sensazioni degne dello stupore e la meraviglia dei fedeli, organizzando il piedicroce nelle forme di una imponente navata cui si innestano quattro cappelle per lato, ritmate da intercolumni, e lasciando che l’abside semicircolare richiami a sé l’occhio sorpreso alla vista dell’imponente invaso cupolare che si eleva con forza all’intersezione del grande transetto. Le cappelle laterali, preesistenti ma di non certa collocazione temporale, vennero radicalmente riprogettate introducendo un singolare carattere compositivo allorché gli invasi, conclusi nel transetto, si staccano dalla facciata lasciando che questa anticipi con tutta la sua poderosa altezza, ancor più accentuata dalla sopraelevazione rispetto alla prospiciente via, l’intero corpo di fabbrica. I lavori si protrassero per l’intero secolo, tanto che la zona absido-presbiterale fu innalzata nel tardo Settecento. Tali lavori comportarono, rispetto all’antico impianto, un raddoppiamento del volume.